Absolute beginner. Una latinense a Londra.
di Claudia Fratangeli –
Nel caos della mia vita pre-partenza, tra l’altalenante gamma di emozioni che mi sono ritrovata a provare, ce n’era una di fondo che cercavo di allontanare dalla mia mente il più possibile, perché causa di un’angoscia per niente utile alla situazione.
Non so se ha un vero nome, ma io ne soffro parecchio. La chiamo “ansia da perfomance accademica”, e col tempo si è estesa anche alle esperienze lavorative.
A renderla ancora più opprimente il fatto di aver conferito al mio debutto nel mondo del lavoro il valore assoluto di make it or break it: se andasse male qui sarei destinata al fallimento totale e definitivo di tutte le mie aspettative di carriera. Sono razionalmente cosciente che una prospettiva così catastrofica potrebbe verificarsi nel caso, non so, mettessi una bomba in ufficio causando un simpatico allarme terroristico oppure cominciassi a malmenare i miei colleghi facendomi rinchiudere in un ospedale psichiatrico. In quel momento però, non potendo razionalizzare l’angoscia, l’unica cosa da fare era tenerla a bada.
L’ufficio l’avevo visto durante il colloquio a inizio gennaio, praticamente vuoto per le vacanze. Tornare in un lunedì lavorativo è stato tutto un altro effetto. È uno spazio di coworking che ospita una ventina di startup, con cucina, area relax, sala eventi con tavolo da ping pong (non capisco perché ma nell’ambiente il ping pong è gettonatissimo!).
Si ricevono clienti comodamente seduti su un divano, si prendono decisioni al tè delle cinque e si fanno riunioni in sala Pac-Man o Super Mario.
L’ambiente è incredibilmente stimolante e piacevole rispetto all’idea tradizionale del cubicolo con le foto dei figli scocciate su grigi pannelli di alluminio. Altro lato della medaglia è che potrebbe essere un problematico elemento di distrazione, soprattutto se non si è abituati. Per quanto mi riguarda, nella mia ventennale carriera da studentessa ho preparato interrogazioni, compiti in classe, esami, paper e presentazioni in qualsiasi contesto e condizione, quindi sono ben preparata. Tutt’altra storia è la questione “idiomatica”.
Il mio team è squisitamente internazionale, in gamba e mi ha accolto bene. Questo ha quantomeno placato i miei nervi ballerini, anche se, devo ammetterlo, faccio un po’ di fatica a stare dietro a tutto quello che dicono. Spesso mi perdo qualche passaggio, ma basta annuire e sorridere e prima o poi il mistero verrà svelato.
La fatica di ragionare in un’altra lingua tutto il giorno è incredibilmente stancante all’inizio ma d’altronde no pain no gain!