Diario di una ragazza e di un suo ricordo (seconda parte)
di Elisabetta Calandrini –
Mi sveglio di soprassalto.
Vedo spiragli di sole entrare dalle fessure della serranda. Mi abbracciano un pochino, rasserenandomi. Fuori dev’essere una bella giornata, quella giusta per studiare all’aria aperta. Faccio per alzarmi e sento cadere qualcosa dal petto. Raccolgo il quaderno da terra e mi chiedo se arriverà mai il giorno in cui non ci penserò più, nemmeno per sentirmi meglio. Tanti dicono che nella vita non conosci l’importanza di qualcuno fino a quando non ti lascia e se ne va. Per quanto mi riguarda non ho mai avuto bisogno di un suo addio per capire che senza la nostra storia mi sarei sentita vuota. Oggi mi manca più di tutto, anche se quando inizia un nuovo giorno non ho un suo messaggio che mi tiene compagnia, anche se la notte non posso chiamarlo e raccontargli qualcosa di buffo che mi è capitato. Mi manca al di là di ogni dolore e ferita che ha lasciato.
Forse è davvero finita e dovrò fare i conti con me stessa e con le nostre ultime notti, quelle che mi hanno tanto illusa e sulle quali ho sperato in qualcosa di nuovo da costruire insieme. Seduta sul letto allungo le braccia in alto, stirando per bene la schiena. Mi ricordo che devo fare la lavatrice stando attenta nel dividere i bianchi dai colorati, l’ultima volta ho fatto un bel casino, tutte le mie camicie sono diventate blu. Blu notte. Azzurre. Azzurre con qualche macchia nera. Ho dovuto buttarle via tutte, erano davvero orrende.
Da qualche mese, vivo da sola. Dopo aver trovato lavoro ho messo qualche gruzzoletto da parte e ho preso questo piccolo appartamento in centro. Aida e Viola mi hanno aiutata con il trasloco e gli scatoloni da portare via, in cambio ho comprato vino bianco per i nostri momenti di relax. La finestra della cucina affaccia su Piazza San Marco. Su una panchina, accanto alla fontana, intravedo un ragazzo che rulla uno spinello e un’altra gli passa il filtro. Mi ricordano la mia gioventù, la mia vecchia compagnia. Una volta, in piena estate, andai con le mie amiche in una casa in campagna. In realtà fu Aida a spingere per andare, c’era un tizio che le piaceva e non stava più nella pelle, io non volevo far tardi e Viola, al contrario, non ama questo genere di feste.
Ma dopo dieci anni d’amicizia avevamo imparato ad appoggiare una le scelte dell’altra. Forse è questo il bello del nostro rapporto: il saper essere legate laddove gli altri tendono a disperdere, andando ognuno per la loro strada. Quella notte fumammo per la prima volta. Una di loro vomitò. Al mattino, quando mi svegliai, vidi Viola stesa sul divano a dondolo del giardino. Mi venne da ridere perché stringeva la sua bottiglia di vino rosso come se qualcuno durante la notte avesse potuto portargliela via. Era buffa. Sentii Aida scherzare con quel tizio.
Le voci provenivano dalla camera da letto. Lei lo prendeva in giro, lui le stava tirando i cuscini sulla faccia. Io ero stesa sul sedile di una macchina e avevo una fame incredibile. All’improvviso notai Aida farmi cenno di entrare in casa. Andammo in bagno, il posto migliore dove poter parlare.
Mentre facevo pipì, si sedette sul bordo della vasca: << E’ successa una cosa strana. Non so come spiegarti. Il fatto è che stanotte siamo finiti a letto insieme e non ci siamo sfiorati nemmeno con un dito. Ho l’odore della sua pelle ovunque. Andrea ha un odore pazzesco, animalesco. Annusami le dita. Annusa!>> Dire che era al settimo cielo, mi sembra troppo poco. Era tanto in alto, non so quanto e giuro che mentre parlava era bellissima.
Quei giorni segnavano la nostra adolescenza, le prime sbandate, le prime storie importanti. Mi ricordano persone che ad un certo punto hanno scelto di andarsene e altre che sono rimaste, insistenti. Quanti anni sono passati, quante cose sono cambiate, cambiandoci. Adesso che ci penso, mentre sorseggio questa tazza di caffè caldo, sono felice del percorso che abbiamo intrapreso, degli sbagli che abbiamo commesso e delle cazzate che abbiamo fatto. Ci siamo divertite, abbiamo scherzato e ci siamo tuffate nelle cose che ci piacevano, nelle persone che ci facevano battere il cuore. E’ così che funziona quando cominci ad assaggiare la vita. Non puoi mandarla giù tutta insieme. Devi sorseggiarla, mescolarla, stare attenta a non bruciarla.
I ragazzi hanno i ripreso i loro zaini e si sono incamminati verso la fermata dell’autobus. Io torno alla vita, quella vera, quella del presente e tiro un sospiro. Se c’è una cosa che mi piace sono i momenti di oggi che ti ricordano quelli di ieri.
Ci avete mai pensato? Succede qualcosa e improvvisamente il passato riaffiora. Questa mattina sono sempre più convinta che niente succede per caso e niente finisce davvero.
Ci sono ricordi che mi porto dentro come un bagaglio dal quale prendo spunto, dove poter imparare per essere migliore. Non vivo di passato, ma tengo sempre a mente quello che è accaduto perché un giorno avrò qualcosa da raccontare e ci sarà sempre qualcuno che vorrà ascoltare.