La guerra di tutte.
di Elisabetta Calandrini
‘’Loro vedono le donne come schiave e nella loro mentalità radicale, la donna è il male. Sono convinti che se moriranno andranno in paradiso e avranno tutto ciò che desiderano, comprese le donne e le vergini. Ma se vengono uccisi per mano di una donna, sono certi che non andranno in paradiso. Quindi per loro è un incubo essere uccisi da una combattente della YPJ. Per questo hanno attaccato Kobane con tutte le loro forze. Lì il 55% dei combattenti sono donne’’.
Queste le parole di una donna attivista nel movimento curdo contro l’ISIS (Stato Islamico in Iraq e Syria), un gruppo siriano jihadista il cui attuale leader Abu Bakr al-Baghdadi ha proclamato la rinascita del califfato (un tipo di governo che significa “successione”, che venne adottato dal primissimo islam, subito dopo la morte di Maometto, e che intende rappresentare l’unità politica dei musulmani di tutto il mondo, ovvero la Umma. Il califfo è quindi il capo dell’Islam e riveste il ruolo di rappresentante temporaneo di Allah sulla terra) nei territori caduti sotto il suo controllo. I curdi, attualmente, non hanno uno Stato riconosciuto ma il loro territorio chiamato Kurdistan si estende tra Iran, Iraq, Turchia e Siria. Proprio nel nord della Siria si trova una regione dove i curdi vivono in totale autonomia e dove già combattono decine di donne, madri e guerrigliere allo stesso tempo, riunite nell’Unità di protezione del popolo conosciuta con il nome di YPJ che combatte da più di 50 giorni ormai.
“Siamo state addestrate per tre mesi su tutti i tipi di armi, leggere e pesanti. I formatori erano tutti uomini e hanno espresso valutazioni positive, osservando in certi casi come le donne facessero meglio dei colleghi maschi”
Le donne combattenti e l’esercito dei Peshmerga nel nord del Kurdistan in Iraq sono continuamente attaccati da armi potentissime. Kalashnikov contro carri armati e mortai. In questa battaglia le donne rivestono un ruolo di leadership nella resistenza di Kobane. Si definiscono delle super donne che portano avanti una lunga tradizione di difesa. Prima dell’entrata alla YPJ vengono addestrate militarmente e quelle che non combattono offrono il loro supporto economico alla guerra. Sono tutte unite, ognuna come può. I jihadisti sono spaventati da queste donne che ogni giorno minacciano di far prigioniere, per loro non sono degli esseri umani ma degli animali, degli oggetti senza anima né emozione. Le rapiscono, le violentano e poi le uccidono come fossero carne da macello. Lo stesso accade per le ragazze e le bambine di tre, quattro e cinque anni. Per questo la maggior parte di loro si suicida facendosi esplodere prima ancora di essere catturate.
‘’Li vedo tutti i giorni quei criminali. Sono ad un centinaio di metri dalla nostra postazione. Bestie che non hanno nulla di umano, che godono nel terrorizzare e torturare civili inermi e prigionieri’’
L’ISIS non è solo un gruppo islamico radicale nato spontaneamente, è anche un’organizzazione mista supportata da forze politiche imperialiste a partire dalla Turchia ma anche dai ricchi paesi arabi. Tra i combattenti vi sono vecchi sostenitori di Saddam Hussein. Una sorta di nazismo in chiave islamica quello svolto dall’ISIS che vede tra gli ‘’eletti’’ coloro ai quali sono riservati tutti i beni, mentre gli altri dovrebbero essere trattati come schiavi oppure torturati e non direttamente uccisi. A questo proposito ricordiamo Samira Al Nuaimy, una giornalista torturata per aver svolto il suo ruolo di difesa delle donne oppure la decapitazione di Rehana, ventottenne militante curda la quale avrebbe ucciso cento terroristi nella zona di Kobane. La sua morte avrebbe poi coalizzato molte più donne curde contro l’ISIS.
In un’intervista al Corriere della Sera una combattente ci informa:
Ormai da tre giorni è evidente che i raid aerei americani assieme agli alleati hanno finalmente fermato l’avanzata dello Stato Islamico su Kobane. Non so quanto durerà. Ma adesso il nostro morale è molto migliore che non la settimana scorsa. Ho visto le bombe americane distruggere con precisione i carri armati e i cannoni che stavano per ucciderci tutti. Noi curdi siamo passati dalla difesa all’attacco. E abbiamo ricevuto cibo e acqua in quantità sufficienti per tre mesi.
Anche grazie all’intervento delle donne, l’ISIS si sta pian piano indebolendo al contrario della cattiva propaganda che i sostenitori vogliono far credere attraverso i media a tutto il mondo. Vogliono dimostrare di essere forti, dice un’altra donna, ma la loro fine è vicina. La resistenza vincerà, continua, ricostruiremo la nostra città e ricominceremo da capo.
La guerra le fortifica, il coraggio le riempie, quasi da far invidia a noi occidentali.