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Le “Cinquanta sfumature di grigio” che avremmo voluto vedere

di Emanuela Federici –

 

Mentre in Love Story se ne stava lì seduta a ripetersi che “amare significa non dover mai dire mi dispiace”, di sicuro Ali MacGraw non poteva immaginare che, quarantacinque anni dopo, un’ingenua e affascinante Dakota Johnson arrivasse addirittura a scusarsi e ad accettare compiaciuta delle sculacciate per aver accidentalmente alzato gli occhi al cielo in presenza del suo bel cavaliere!

Dopo mesi di trepidante attesa, finalmente le donne di tutto il mondo hanno avuto la fortuna (o la sfortuna) di assaporare l’ebbrezza cinematografica di una cinquantina di sfumature di quel gran fusto di Mr. Grey. Così anch’io, spinta da quell’ondata di aspettative, non ho saputo resistere alla curiosità, visto che dei libri non avevo ammirato nient’altro che la copertina. Mi sono immolata, quindi, ignorando i numerosi avvertimenti scagliati da chi mi aveva preceduta, e sono andata al cinema a vedere questo caliente film, più esaltata delle adolescenti in fila davanti a me che conoscevano i “testi sacri” a memoria.

Non ricordo di aver visto così tanta gente in attesa da quella volta che sul grande schermo proiettarono il film delle Spice Girls. E io che pensavo fossero tutti lì per Una notte al museo 3… E invece no, stavano aspettando l’allettante Ana e le sue decantate trasgressioni. Una folla inferocita. Chi tentava di superare la fila mandando avanti la classica scusa “No, ma c’è già una mia amica dentro che mi ha tenuto il posto”. Altri in fibrillazione che per l’ansia avevano quasi finito tutti i pop corn appena comprati. Un tripudio di attese bramose di scene osé, che neanche 9 settimane e ½ poteva placare.

In sala poi la temperatura era alle stelle. Almeno all’inizio. Saranno stati i maglioni a collo alto… Non so. Ancora ai titoli di testa e qualcuno aveva già elencato per filo e per segno tutte le ipotetiche scene di nudo che eravamo destinati a vedere sullo schermo. Scene che, peraltro, non sono mai arrivate. In tutto il film ci saranno stati sì e no una ventina di minuti “quasi-hot” e solo tante citazioni, come per l’inquadratura delle cravatte di Christian che richiama un po’ il più famoso American Gigolò.

Nelle sequenze più scabrose poi qualche uomo, che era venuto “solo ad accompagnare la fidanzata, giuro!”, si schiariva puntualmente la gola, e mentre tentava di far passare un picco ormonale per un attacco di tracheite mal curata, la libido generale (che già era ai minimi livelli storici) svaniva per lasciare posto ad una sconfinata tristezza. Sì, tristezza. Per quei poveri sceneggiatori che hanno scelto di lasciare delle battute imbarazzanti, come “Io non faccio l’amore. Io scopo… Forte”, alla stregua dei peggiori porno. Per non parlare di quell’abominevole “ti fidi di me?”, che a tutti ha fatto venire l’orticaria riportando alla mente il transatlantico abbattuto tra gli iceberg. E meno male che c’era l’accattivante protagonista Anastasia (degna nipote della favolosa Tippi Hedren, che recitò in Gli uccelli di Hitchcock, e figlia di Melanie Griffith e Don Johnson), che è riuscita a farcele accettare con le sue calcolate risatine imbarazzate. Altrimenti quelle sedicenti perversioni sarebbero risultate solo l’inutile sfogo di un qualunque capriccioso “figlio di papà”.

Devo dire, è stato abbastanza fastidioso. Questo cliché della donna dolce e inesperta che si lascia sedurre dal bruto della situazione e che ingenuamente pensa di poterlo cambiare. Avrebbe dovuto essere un’esaltazione dell’erotismo vissuto in piena libertà da entrambi i sessi, e invece di erotico c’era ben poco. Soltanto richieste, ordini, regole e violenza. Il tutto giustificato da una sorta di infanzia travagliata del bel protagonista, Jamie Dornan.

Non so gli altri, ma io mi aspettavo una passione infinita, quella che ti fa mordere il labbro (come fa Anastasia) mentre speri che un’avventura del genere possa travolgere anche la tua normalissima vita reale. Non voglio andare al cinema a vedere una donna sottomettersi per compiacere un uomo che non vuole nemmeno farsi accarezzare. Non voglio pensare che tutti i passi che sono stati fatti nella nostra società verso un’emancipazione femminile ormai dovuta, vengano spazzati via da un film in cui il protagonista non si fa venire nemmeno il più piccolo scrupolo nel provocare dolore (calcolato, dice lui) a favore del proprio piacere. L’atto sessuale, o comunque lo si voglia chiamare, non dev’essere mai una strada a senso unico, ma dovrebbe tenere conto del rispetto e delle esigenze dell’altro. Perché non c’è niente di più bello che lasciarsi andare. Abbandonarsi all’altro, fregandosene delle paure e dei dubbi legati a qualche preconcetto o a qualche timore. Perciò, cari registi e produttori de’ noantri, vi confido un segreto: noi donne possiamo sembrare affascinate dalle trasgressioni, ma alla fine dei giochi a vincere è sempre una romantica visione di un uomo che tiene a noi come al più prezioso dei tesori!

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Emanuela Federici

Emanuela Federici

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