Un delitto letterario
di Cora Craus –
“Cosa pensa del rapporto arte e morale?” Su questo interrogativo si avvolge e si snoda tutta l’essenza del romanzo “Un delitto letterario” di Batya Gur. Quale misterioso enigma racchiudono quelle austere e labirintiche aule universitarie della Città Santa, dove poesia e delitti si inseguono senza soluzione di continuità? Un thriller dal ritmo serrato ma non incalzante, ne emerge un vero e proprio affresco, di un certo tipo di vita accademica. Un thriller, che affascina, conquista trascinando il lettore in un turbinio di sospetti, accuse e raffinate disquisizioni letterarie, e conduce ad un insolito viaggio nell’antica e moderna poesia ebraica: un romanzo poliziesco fuori dagli schemi.
Una volta chiusa la storia, finito l’ultimo rigo del libro, per quanti amano la poesia, comincia il forte desiderio di dare concretezza, di approfondire la conoscenza dei tanti nomi e versi, che immancabilmente ci saremo ritrovati a sottolineare. Probabilmente ci soffermeremo a chiederci se siano vere, se siano applicabili allo svolgersi della narrazione, di “Un delitto letterario” (ed. Nottetempo – pag. 462 – €16) le parole di Denis Diderot: “quasi sempre ciò che nuoce alla bellezza morale raddoppia la bellezza poetica”.
Arte e morale, un interrogativo che a tratti quasi annienta il tormentato e scialbo professore Tuvia Shai, docente di Poesia Contemporanea presso il dipartimento di Letteratura dell’Università Migrash ha-Russim di Gerusalemme. Un personaggio cardine del romanzo di Batya Gur; un’autrice israeliana, docente di Letteratura, proprio nella prestigiosa Università in cui e ambientato il giallo. Batya Gur, oltre che docente, è stata una collaboratrice di giornali quali il quotidiano “Ha’aretz”, ed una brillante scrittrice.
Diventata famosa per la serie di romanzi gialli che ha come protagonista il commissario Michael Ohayon: l’investigatore laureato in Letteratura contemporanea, esperto e appassionato di poesia. Vero alter ego dell’autrice. “Capire una buona poesia – afferma uno dei personaggi del romanzo – è un processo quasi da detective, quello che viene definito scientificamente ermeneutica. Ossia una buona poesia consente al lettore di fare l’esperienza di una scoperta, di decifrare significati nascosti che vanno chiarendosi man mano che si approfondisce la lettura del testo. Questo processo è possibile solo se la poesia possiede alcuni elementi basilari che, sia detto per inciso, non sono validi solo per la letteratura ma per ogni altra opera d’arte…”. Questa insolita preparazione culturale di Ohayon, nel mondo investigativo, diviene oggetto di bonaria presa in giro da parte dei colleghi e dei superiori che immancabilmente concludono le loro osservazioni con: “Perché qui non siamo all’Università!”
Michael Ohayon lo abbiamo già incontrato in altri romanzi quali “Omicidio nel kibbutz”, “Delitto in una mattina di sabato”.
Dai risvolti di copertina del libro: “Il commissario Ohayon ha l’incarico di scoprire gli intrighi che si nascondono dietro la morte di due membri del dipartimento: Shaul Tirosh, il carismatico poeta che ne è anche il direttore, e Iddo Dudai, un promettente dottorando. Il commissario, si addentra fra le tensioni che lacerano il dipartimento, così che l’indagine poliziesca e l’indagine letteraria finiscono per confluire nella sconvolgente verità dei delitti”.