Il vino tra psiche e poesia
di Cora Craus –
“Il vino tra psiche e poesia” è una bella iniziativa editoriale della casa editrice Atlantide diretta da Dario Petti, una pubblicazione snella, una copertina accattivante e suggestiva di Fabio D’Achille per illustrare la bevanda, il nettare degli dei: il vino. Il libro riporta di grande attualità due grandi giornalisti e scrittori della storia italiana uno è Edmondo De Amicis “lo scrittore dell’Unità d’Italia”, l’autore de il libro Cuore. L’altro è Giuseppe Giacosa, “Il Buddha” come lo chiamava Giacomo Puccini per la sua capacità di riportare armonia tra i vari collaboratori. Giacosa è stato un grande autore teatrale ha scritto venticinque opere alcune portate al massimo successo dalle interpretazioni di Eleonora Duse. Diresse, dal 1901 fino alla sua morte, l’inserto culturale, “La Lettura” del Corriere della Sera. Inserto riproposto e con successo di pubblico recentemente dal giornale di Via Solferino.
Ma credo che tutti, almeno una volta abbiano sentito il nome di Giuseppe Giacosa, il nome del “librettista” di Giacomo Puccini, fu lui infatti a scrivere per il musicista lucchese le opere La Bohème, La Tosca e Madama Butterfly. Proprio in merito a queste collaborazioni un critico ha scritto: “Giuseppe Giacosa con la sua sensibilità nei confronti delle figure femminili lo rendano congeniale al mondo creativo di Puccini”.
Come nacque l’idea di parlare del vino, e non a caso usiamo il verbo “parlare”?
Un po’ di storia: gli scritti di De Amicis e Giacosa fanno parte di un ciclo di conferenze avendo come tema “Il vino”; le undici conferenze si svolsero a Torino nel 1880, organizzate dallo stesso De Amicis che chiamò intorno a sé un èlite d’intellettuali dell’epoca.
In “Il vino tra psiche e poesia” (ed. Atlantide – pag. 88 – €10) De Amicis illustra e commenta i vari volti, le varie personalità, veri propri ritratti degli innamorati del vino. La scrittura e l’argomento trattato, dopo oltre 135 anni, rimangono piacevoli, attuali, moderni. Pagina, dopo pagina il lettore trova riflessioni e divertimento.
“Poiché il vino è principalmente una potenza occulta. La maggior importanza dei suoi effetti non è già negli eccessi visibili a cui s’abbandonano i pochi; è nella diffusione grandissima di una intemperanza corretta, di una ubriachezza nascosta, costante, regolare, che ci gira intorno continuamente, e che continuamente incontriamo faccia a faccia, senza riconoscerla. Noi abbiamo a che fare con un gran numero di persone, che trovandosi sotto un continuo influsso latente del vino, paiono quello che non sono, son specie di maschere di sé stessi, che c’ingannano. Ci troviamo intorno delle generosità, delle eloquenze, delle bontà, dei caratteri ameni, che sono fittizi, che esistono solamente a ore, ma che esistendo per quelle tante ore ogni giorno, producono in chi le incontra un’illusione stabile. Se potessimo conoscere tutte le abitudini intime, quante strane scoperte si farebbero!”.
Nella seconda parte del libro, ovvero, “I poeti del vino”, Giuseppe Giacosa fa un excursus tra le opere, i versi, “le menti dei poeti”; in queste pagine incontriamo nomi come Anacreonte, Orazio, Ovidio, Petrarca, Dante… e tanti altri ancora. Ma lasciamo che siano le parole dello stesso autore a presentarci il suo intervento e il fil rouge che lega il vino alla poesia. “Signore e signori, il titolo della mia conferenza non combina esattamente coll’argomento di essa né coll’ordine che intendo seguire. Meglio che: “I poeti del vino”, l’avrei chiamata: “Il vino dei poeti”, se questo secondo titolo non implicasse una certa idea di capacità e di recipienza e se per esso i poeti non fossero convertiti in altrettanti orcioli o botti, a grande scapito della propria dignità e del rispetto dovuto alle muse”.