Autori pontini. “Chatarina – La schiava che partorì il genio” di Eros Ciotti
Di Cora Craus –
Storie di donne, donne con una storia e spesso è un’amarissima storia a questa consuetudine non sfugge la protagonista del libro di Eros Ciotti “Chaterina – La schiava che partorì il genio” (ed. Metropoli’s – pag. 132) un saggio storico denso e scorrevole che ha la narrazione e i ritmi di un thriller.
Un vecchio detto recita: “madre sempre certa padre incerto” nel libro di Eros Ciotti, siamo nella situazione diametralmente opposta, sappiamo con certezza chi è il padre del più grande genio italiano, in varie descrizioni definito “il predatore sessuale”, ma non chi sia la madre. E da questa constatazione, ponendosi infiniti interrogativi, l’autore approda nei meandri di archivi storici, siti web, pubblicazioni varie, tutte ben vagliate per la loro serietà, in cerca di risposte.
Il quesito principe: chi è la madre di Leonardo da Vinci? Forse la bella schiava di Costantinopoli, colpevole del bizzarro scrivere alla maniera araba del genio italiano e del suo tracimante amore per la natura, più vicino all’idea islamica che ai dogma cristiani? O, sarà la piccola, miserevole orfana, contadina sola con un fratellino piccolissimo esposta a tutti i possibili soprusi nella campagna toscana?
L’autore ha elaborato la sua tesi e coinvolge il lettore nello srotolarla. Pagina dopo pagina emerge un mosaico, un architettura ed uno spaccato pubblico e privato, crudele e amorale della società italiana tra il 1300 e il 1500 dove vigeva la tratta degli esseri umani, della schiavitù alla luce del sole.
Eros Ciotti cita prestigiose fonti storiche, riporta documenti e lo fa con la precisione del cesellatore e la tecnica narrativa del “sasso nella nello stagno”: vale a dire il progressivo formarsi di infinite onde concentriche dove il lettore vive al centro del racconto.
Inseguendo le misteriose origine materna di Leonardo ci confrontiamo con temi quale la violenza, gli stupri sulle donne a tutti i livelli e realtà sociali, l’unica differenza è il velo più o meno spesso con cui vengono nascoste le violenze e i soprusi.
Nel caso della madre di Leonardo si è aggiunta la sottrazione di maternità e la totale cancellazione della sua esistenza, forse anche, nella vita del bambino. Certo, questa ulteriore violenza alla madre e accompagnata dal “magnanimo riconoscimento” da parte del padre ha permesso a Leonardo di essere un cittadino, un uomo libero.
Sullo sfondo di questo libro abbiamo appreso o risvegliato una bella lezione di educazione civile, un monito a non dimenticare quanto sia costato e quanto sia fragile ancora oggi, il reciproco rispetto tra gli esseri umani.
Affascinanti anche le ipotesi psicologiche, formulate da Freud e altri indagatori della mente cui fa cenno l’autore, ci hanno fatto riflettere quanto possa essere importante ed empatico conoscere la biografia emotiva, il sentire interiore di Leonardo perchè questo può indurci, anche, ad un modo diverso di guardare le belle Madonne, le donne ritratte da Leonardo e chiederci quanta “sublimazione” della figura materna vi è in esse? Non deve essere stato facile per un’intelligenza e per una sensibilità come quella di Leonardo essere il figlio di una schiava o di una prostituta. “Un tipo di donna sottomessa – scrive l’autore, Eros Ciotti – e neanche un po’ padrona della propria vita. Dunque, tornando al suo seduttore, non ci sarebbe altro ragionamento sostenibile per spiegare il comportamento di Ser Piero Vinci, notaio, discendente diretto di un’antica e rispettata famiglia di notai e perciò esposta al pericolo del disonore, ma non proprio per aver procreato fuori da un rapporto matrimoniale, ma per averlo fatto con “madre da bon sangue”.
Abbiamo letto, in un dizionario d’arte, una delle tante descrizione della Gioconda “…un ritratto eternamente mobile e sfuggente, in cui si ribalta il concetto stesso di definizione puntuale e fissata di un personaggio. La Gioconda non si lascia afferrare, sembra quasi riflettere la meteorologia nebbiosa e l’orografia frastagliata del paesaggio di acque e di monti alle sue spalle.” Questa mobilità, questo essere sfuggente possiamo immaginarla quale proiezione dell’intima e dolorosa certezza di Leonardo di non poter né conoscere né ricordare né fissare la figura materna.
Sono tantissimi gli interrogativi che pone l’autore e tanti altri ne sorgono nel lettore nella sua specifica sensibilità. “A chiudere il libro –scrive nella postfazione la critica d’arte Martina Nardacci – tornano le domande iniziali, che questa volta vengono presentate come un dono per il lettore, affinché lui/lei continui la ricerca e contribuisca a renderla più interessante, Tale conclusione rappresenta non solo una bellissima democratizzazione del sapere, ma anche la cosa più intelligente che si possa fare quando si ha a che fare con la Storia dell’arte: sospendere il giudizio, non giungere mai a una fine.”