“Proust… in terra pontina”, rubrica liberamente ispirata al questionario di Marcel Proust. Risponde: Carla Zanchetta, scrittrice.
Di Cora Craus –
Carla Zanchetta è una scrittrice nata e cresciuta nel capoluogo pontino con un amore forte, vero per la sua città: “Latina è la mia città bella, a Latina appartengo”. Coltiva un’autentica passione per la sua terra, il suo territorio cui ha offerto importanti pubblicazioni quali “Terra Pontina. Podere 599”dedicatoalla bonifica e alla colonizzazione e il recentissimo “Maestri, Guitti e Zanzare – Vicende di donne e uomini per la Scuola nella Palude Pontina”, dove il fulcro è “la luce dell’alfabeto: la nascita della scuola nella palude pontina tutti pubblicati dalla casa editrice Atlantide Editore diretta dallo storico Dario Petti. Carla è un fiume in piena quando narra la Storia e le storie della nostra terra è però molto riservata, schiva nel raccontare di sé. Noi, in maniera leggera, con una liberissima ispirazione al questionario di Marcel Proust, abbiamo provato a scoprire la donna, la persona dietro la scrittrice.
La scrittura, una missione o una passione?
Mi torna alla mente un haiku che composi: Analfabeta/scrivo come il fiore non/sa di fiorire. Quando mi avventuro nella scrittura mi sento come un’analfabeta, nulla è certo, chiaro. La via è imprevedibile. Scrivo per guadagnare Luce, per mettere in ordine perché niente è mai del tutto illuminato.
È un istinto, una forza interna che non posso fare a meno di ascoltare, sotto questo punto di vista potrei considerarla una passione. È alzarsi al mattino e avere desiderio di scrivere, è desiderare durante la giornata di riuscire a ricavare un momento per fermarsi a scrivere. È l’impegno di dar voce al mio mondo interiore, un mondo vasto, sconosciuto, misterioso, sempre in relazione con il mondo degli altri, con quanto mi circonda. È voglia di comunicare. Prima di tutto con me stessa: è creare un ponte tra me e me e tra me e gli altri. La comunicazione diviene relazione, riconosco l’altro, la sua presenza nella mia vita e al quale desidero rivolgermi. Pubblicare significa allora condividere. Talvolta condividere valori può assumere la connotazione di missione. Ad esempio quando desidero condividere la mia voglia di pace, di armonia, il desiderio di investire nel benessere interiore.
Il tratto principale del suo carattere?
L’empatia. Gli occhi sono le finestre dell’anima. Posso entrare in ogni piega perchè qualsiasi luce non può nascondersi e parla di sé. E anche quando mi trovo davanti ad una persona cieca, con gli occhi chiusi o degli occhiali scuri, le sue mani che si muovono mi parlano, il timbro della sua voce mi parla. Posso sempre inventarmi un ponte per sfiorare l’altro…
I Social network, una nuova opportunità o un nuovo incubo?
Tutto è neutro. Ogni strumento assume il colore delle mani che lo toccano. Sono sempre io che scelgo che uso fare di quanto il nostro tempo ci offre. Comunque a mio avviso sono un’opportunità per comunicare. È da mettere in conto il rischio della dipendenza o di un uso improprio. Con il coltello affetto il pane per la cena della famiglia, raccolgo le verdure dell’orto, ma può essere potenzialmente un’arma per obiettivi opposti. Dipende dalle mani…
Il look, una faccenda da personal shopper o una scelta personale?
Punto al confort, ad un mio stile non dettato dalle pressioni della moda. L’importante è sentirsi a proprio agio. Poter correre, con le scarpe che indosso, nel caso avessi fretta…
Lei, personaggio centrale di una storia; chi è l’autrice, Anna Maria Ortese o Grazia Deledda?
Anna Maria Ortese. Sarei un personaggio coinvolto nella sua sensibilità verso la bellezza, l’amore per gli animali, dentro un’originalità letteraria, dentro la sua potente vena poetica.
Una giornata speciale: con quale donna del passato vorrebbe incontrarsi?
Alda Merini, non mi stanco di sentirla parlare. Ha saputo trasformare il dolore in poesia e ha lasciato un grande patrimonio.
Un libro che tutti dovrebbero leggere?
Pinocchio. Vi è racchiuso il processo di maturazione dell’individuo, le peripezie per diventare adulti, i passaggi per far battere il cuore di carne che da sempre ha abitato in noi.
Una scrittrice/re pontino da non perdere di vista?
Alice Urciolo (n.d.r.Candidata al premio Strega con il suo primo romanzo “Adorazione” )
Un musicista pontino di cui tessere le lodi?
La musica è un campo che non conosco abbastanza
Un regista pontino che ammira?
Gianfranco Pannone per essersi occupato del nostro territorio
Un pittore pontino che tutti dovrebbero conoscere?
Ce ne sono diversi. Non vorrei far torto a qualcuno
La poetessa/ta pontino che più apprezza?
Rodolfo Carelli. La sua poesia chiara attinge alla quotidianità, alla bellezza.
Il femminicidio, un crimine come un altro?
È la cosa più orribile del nostro tempo. Viene uccisa la vita, l’autrice della vita, la persona pensata per dare la vita. La persona che molti uomini continuano a percepire come una proprietà di cui disporre. Non si tratta di raptus, ben altro piuttosto: il terrore che la donna possa essere libera. Che ne è dell’uomo se la donna vive libera? Quello che viene manifestato come atto di forza e supremazia in realtà è il segno di totale debolezza. Imperdonabile. Dov’è l’uomo?
Il mondo sta attraversando un momento difficile. Cos’è per lei la pace?
Può essere frequente il rischio di pensare che la pace sia nelle mani di altri, di quanti hanno il potere di decidere sopra le nostre teste. La pace parte da ciascuno, dal proprio piccolo che piccolo non è affatto; non andrebbe banalizzato il reale potere di diffondere intorno a sé la pace. Questo è il primo passo: convincersi che la pace dipende anche da me, che posso fare qualcosa. Da qui e ora. Il secondo passo è chiedersi che cosa è in mio potere fare. Pensiamo al linguaggio, al peso delle parole, molto spesso sono cariche di aggressività, si ricorre ad una comunicazione verbale armata. Usare parole leggere attenti a non ferire, abbandonare i pettegolezzi, le critiche distruttive, essere uno specchio positivo. Davanti ad una difficoltà essere propositivi di idee nuove. Anche il comportamento, cavarsi i sassolini dalla scarpa, avere per forza ragione, convincersi di avere diritto di rivalsa per un personale senso di giustizia, ci porta fuori strada. Molto meglio vincere insieme e non da soli. Vivere così, disarmati, fa bene a se stessi perché le armi pesano. Vivere disarmati è come un virus buono, invisibile a occhio nudo, può diffondere bellezza, allegria, il sogno.
Il nome della città: Littoria o Latina?
Quando ero bambina in famiglia quasi per tradizione si continuava a chiamare la nostra città Littoria. In campagna gli echi dei passaggi giungevano molto tempo dopo. Littoria appartiene ad un epoca passata e che non tornerà più. Dopo la caduta del fascismo Latina è il nuovo nome che ha assunto e questo resterà. Fiera di scrivere nei documenti nata a Latina, residente a Latina… Latina dove ho frequentato la scuola e nelle cui strade cammino fieramente: Latina è la mia città bella, a Latina appartengo.