ED editoriale

Riceviamo e pubblichiamo. Una riflessione di Emanuele Vezzoli sul libro di Renato Gabriele: “Viaggio verso l’interno”

L’attore, Emanuele Vezzoli

“Viaggio è un sostantivo che suscita in me un fascino particolare. Viaggiare significa provare un’infinità di emozioni diverse e spesso contrastanti. Non soltanto la felicità e l’eccitazione per la scoperta, spesso c’è anche un po’ di ansia e tanta introspezione. Il recente elegiaco viaggio di Renato Gabriele ha come destinazione l’interno. Quale interno?

Un luogo sicuro, un riparo? Un luogo sconosciuto, appena percepito ed ancora inesplorato?

Un caleidoscopico, metamorfico territorio piacevole o terrifico che si perde nell’orizzonte di noi stessi?

Ho avuto l’occasione di affrontare questo viaggio in modo singolare: ancor prima di poter leggere il libro sono stato rapito, con altri fortunati compagni di viaggio, dalla voce dell’autore e dalla musica elettronica di Raffaele Riccardi; elegiaca simbiosi (dal gr. elegeía, der. di élegos ‘canto, melodia’) che mi ha trasportato in quella dimensione dello spirito dove ogni cosa è possibile, ogni immaginazione è plausibile e dove la realtà del nostro vissuto è libera di prendere le forme e le sembianze che la nostra mente e la nostra sensibilità ritengono di dover creare.

Guida del viaggio è la parola, una parola ricca, sublime, ricercata, spesso desueta e dimenticata; parola difficile, pretenziosa, elegante, superba e d’improvviso ruvida e graffiante, scarna e dolorosa. Esistono parole adatte a definire le cose in modo dettagliato, minuzioso, perfetto, parole che non siamo abituati a pronunciare, tantomeno a scrivere, parole delle quali ignoriamo l’esistenza e che possiedono un’attrattiva particolare. Queste sono le parole di Viaggio verso l’interno, parole di una lingua che distingue Renato Gabriele facendone una punta di diamante nel panorama della poesia italiana; e lo dico da attore, da artigiano della parola “non mia”.

Leggendo o recitando queste elegie, ci si confronta con quella tensione verso il tragico che è racchiusa nel quotidiano e che pone gli esseri umani di fronte all’accettazione della sorte e della vita nelle sue molteplici forme, e che ci consente di riflettere sul rapporto tra il dolore e la sensibilità dal quale scaturisce l’opera d’arte stessa. Mi torna alla memoria Nietzsche quando, parlando della Tragedia, individua nell’immedesimazione dell’eroe tragico il tramite attraverso il quale lo spettatore può percepire la caducità dell’esistenza.

Il confine che separa il cristallino spazio dalla parola elegiaca di Renato Gabriele dal suo universo di significati, come la linea di galleggiamento separa la candida punta dell’iceberg dal proprio massiccio corpo sommerso, è quella impercettibile linea d’ombra, quel non definito, personalissimo e al contempo universale momento del proprio essere soli di fronte al mondo, e quel superamento del senso di colpa e del sentimento di indegnità per il proprio essere.

Necessita un gran bagaglio di vita affrontare un Viaggio verso l’interno, non basta l’estro, il genio, la vena poetica o la semplice storia anagrafica; bisogna fare i conti con la storia del tempo e dei tempi vissuti, con tutte le avversità, le traversie, i dolori, gli amori, le disfatte e le vittorie accumulate, per potersi addentrare con tanta maestria nei territori occupati dalla natura umana con le sue metamorfosi, i suoi dilemmi esistenziali, i suoi miti, il suo rapporto con il divino, con il dolore e con il desiderio di conoscenza delle proprie origini.

In queste elegie c’è la vita del poeta e c’è la nostra vita; c’è la vita dei nostri predecessori e quella di coloro che saranno.

Il mio desiderio come attore è quello di lasciarmi trasportare da queste elegie nello spazio e nel tempo pronunziandone a mezza voce i versi che, come quelli che seguono, danno conto del tempo e dello spazio percorso dal poeta per maturare un simile incanto..

Qui si tratta di contendere al tempo

L’inevitabile precipitazione

Attraverso il buio

Perché la vita si svolge nell’oscurità

E c’è da stare attenti

Attenti al passo

[..]

Adesso faccio i conti con la tua vita

E con la mia

Quando ho la stessa età che tu avevi

Quando tu ormai non sei più

Ma continui a vivere in me

Che strano rapporto essere figlio di una coetanea

[..]

Allorché assunsi su di me

Dentro di me

Intera la sua esistenza

La vita di mia madre

Tutte le fibre del suo dolore

Per l’estrema mia metamorfosi

Diventando io la madre di mia madre.

..e se inspiegabilmente non avete udito la mia voce d’attore, leggete voi a mezza voce e udrete il suono delle parole del poeta, la preziosa voce di Renato Gabriele.”

Emanuele Vezzoli

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Cora Craus

Cora Craus

Giornalista