ED editoriale

“Viaggio verso l’interno” la nuova opera di Renato Gabriele

Di Cora Craus –

“Perché questo era il viaggio/ Doloroso/ Verso l’interno/ Nell’imbuto capovolto/ Del Tempo”

Sono versi tratti dalla composizione che dà il titolo alla raccolta: “Viaggio verso l’interno” di Renato Gabriele (Ed. Atlantide – pag.144 – €15) un poema che si srotola, un cammino verso la comprensione, verso la fine e il suo inizio: il cerchio della vita, della consapevolezza dentro se stessi.

  Con un caleidoscopio che trae le sue figure dal mito, dalla storia si palesa il comune percorso dell’uomo fatto di improvvisi desideri di morte ed altrettanto rapidi e irrinunciabili esplosioni di vita. Il poeta cerca nelle profondità del suo animo le origini e le ragioni del senso della vita scoprendo una verità nata con l’uomo: il senso della vita esiste solo per chi riconosce il senso della morte. Un porsi interrogativi che l’autore descrive come un ordinato logico e intrigato labirinto, dove il peso delle domande lo spinge a cercare sostegno nei piccoli ricordi e nei ricordi ancestrali proiettandolo nel contempo nell’infinito firmamento.

 Versi densi su un interrogativo senza risposta: come si è creato il creato? Il poeta si fa interprete e portavoce del dolce, pauroso infinito che si rispecchia in ogni uomo dalla notte dei tempi. In questo viaggio all’interno di se stesso, all’interno dell’Uomo, fioriscono mille aspetti, mille quadri viventi per ripercorrere il proprio sentire.

Abbiamo immaginato il poeta come il “Viandante sul mare di nebbia” di Caspar David Friedrich che, con la stessa nascosta inquietudine, canta con angoscia la grandezza della vita. E, con il potente linguaggio emotivo che caratterizza la poesia di Renato Gabriele, diventa pura denuncia morale e sociale di quelle “brutture umane” che solo la cultura può davvero estinguere.

“Ho scritto un brogliaccio d’amore/ Per lei/ La donna/ ”.

E il poeta narra la storia delle donne unendo nel miracolo della poesia la miseria, l’infinito piccolo quotidiano e la grandezza della donna cantata nel mito, nell’arte ma sempre vissuta quale compagna, amica, genitrice, amore. Negli intensi versi vi abbiamo colto rispetto, comprensione a volte dolore e senso di colpa per le troppe offese fatte patire.

“Un luogo superlativo/ Giardino della Terra/ Eden/ paradiso terrestre/.

 Un lungo, emozionante girovagare nelle terre della Tessaglia. Un lussureggiante viaggio nel mito in compagnia degli dei per planare e denunziare il turpe vizio che unisce l’uomo all’Olimpo: lo stupro delle donne. E la ninfa Dafne diviene l’emblema di tale violenza e come ben canta il poeta il perdurare del dolore di Dafne è il dolore incancellabile delle vittime.

“Quello che importa qui/ Sono le lacrime e le invocazioni/ Di chi è vessato/ Di chi subisce la violenza/ E smarrisce la parola/”

Leggere queste composizioni è stato vivere insieme il dipanarsi del ricordo, della dolcezza, della nostalgia, del dolore così profondamente inciso e pur lieve nella forma delle parole. Immersa nei versi, con il ciglio umido, ti rendi conto che il poeta parla per te e di te, il susseguirsi del flusso di parole è un flusso di coscienza universale, e le raffinate calde immagini create dai versi si sovrappongono alle tortuose, dolorose, immagini dell’eterna e sempre contemporanea Storia umana.  L’abbandono, la dolcezza vissuti da un figlio che si trasforma in madre per sua madre per accoglierne la nuova fragilità. E, quasi, in un unico canto si staglia l’inno alla Madre Terra, al suo accoglierci e renderci di nuovo frutto vitale

 Il poeta lancia un monito e una speranza: la propria vita, anche nella più angosciosa solitudine, anche contro la nostra volontà, è sempre inclusione e contaminazione di altre infinite vite, che si muovono accanto a noi, prima e dopo di noi. La nostra esperienza a livello sottile è un lascito per tutti quelli che verranno. Un lascito per il futuro, questa è l’immortalità dell’uomo cantata dalla poesia. 

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Cora Craus

Cora Craus

Giornalista