Un anno senza te. Mamma Annalisa ci parla di Giulia, volata via a 22 mesi
di Stefania Belmonte –
Giulia aveva appena 22 mesi quando ha chiuso gli occhi per sempre. Se n’è andata nel sonno, senza accorgersene, lasciando un cenno di sorriso sul suo visetto di bimba. Era la mattina di Natale del 2013 quando la sua mamma l’ha trovata ormai priva di vita nel suo lettino.
Oggi Annalisa, 33 anni, di Doganella di Ninfa, un piccolo borgo alle porte di Latina, trova la forza per raccontarci la sua storia e quella della sua famiglia, che a distanza di un anno sta riprendendo in mano la sua vita. Oggi che fra l’altro ha saputo, finalmente, il perché di quella morte.
“La sera prima avevamo fatto tardi: avevamo scartato i regali a casa dei nonni ed eravamo tornati dopo la mezzanotte, quindi non mi sono preoccupata troppo del fatto che Giulia tardasse a svegliarsi, non era la prima volta che succedeva – racconta Annalisa – Poi sono andata in camera sua e ho trovato il suo corpicino senza vita. Ho chiamato l’ambulanza, mio marito, mia madre. Ero in casa da sola con i bambini e vicino a me c’era mio figlio più grande, che oggi ha 4 anni e mezzo. Ho cercato di controllarmi il più possibile perché c’era anche lui, che era ed è piccolino, ma come? Il dolore prende il sopravvento”.
Quando è morta Giulia tu eri incinta, aspettavi la tua piccola che oggi ha 8 mesi. Hai dovuto tirare fuori una forza che forse nemmeno sapevi di avere.
“Sono stata molto controllata durante la gravidanza: “costretta” a mangiare, ma con una dieta particolare a causa del diabete gestazionale, e con numerose visite in più. Poi mi sono avvalsa di un supporto psicologico, che mi ha guidato anche nei comportamenti da adottare per aiutare il bambino più grande. Non ho voluto lasciarmi andare per la mia famiglia, ma è stato molto, molto difficile”.
Annalisa ha scritto un messaggio sul gruppo Facebook “Un angelo di nome Giulia”, dedicato proprio al ricordo della sua piccola. Lo ha scritto, insieme a molti altri, per sfogarsi, ma in particolare questo – nella ricorrenza della sua morte, del suo funerale – ha tutto il sapore amaro del dolore di questa mamma. “Un anno fa ti vedevo per l’ultima volta. Un anno fa l’ultimo saluto. Non dimenticherò mai quel giorno e il profumo di fiori, le tue manine, fredde, i tuoi capelli morbidi. E la tua sorellina che scalciava. È ora, dissero, sono arrivati. E io sono stata un attimo sola con te, per l’ultima volta. E poi sono uscita senza voltarmi e ho sentito il rumore della tua piccola bara bianca che veniva chiusa. Sentivo trapanare anche il mio cuore. Possiamo andare ci hanno detto. E siamo partiti verso la Chiesa. E come per cercare di convincermi che io fossi ancora intera decisi di guidare. Di seguirti fino a casa, e alla chiesa. Ma poi mi sono lasciata andare tra le braccia di papà e tra l’affetto del mare di persone che erano venute a salutarti”.
Annalisa, oggi com’è la vostra vita?
“Giulia ci manca ogni giorno, e questo credo sia inevitabile. Suo fratello la ricorda sempre, del resto sono cresciuti insieme, soprattutto quando incontra una bambina con il suo stesso nome. Mio marito Felice è giovane, ha 35 anni, ma è molto più forte di me caratterialmente: sarà perché è un carabiniere. In lui ho trovato il sostegno di cui avevo bisogno. Per quanto mi riguarda, cerco ogni giorno di reagire: lo faccio per mettermi al sicuro. La forza che sembro avere in realtà è istinto di sopravvivenza e protezione per i miei figli”.
C’è un modo in cui vorresti che gli altri ricordassero la tua piccola Giulia?
“Lei era una bambina serena, sempre sorridente, si accontentava e non era mai capricciosa. Era generosa, una bimba che ti dava un senso di pace a starci insieme. Era innamorata di Peppa Pig e le piaceva ballare. Amava bracciali e collane, i fiori tra i capelli. I ciucci: immancabili. C’è una foto, quella che la ritrae con gli occhiali da sole, che è l’espressione della sua indole: vanitosa e femmina. Amo parlare di lei. È una parte di me che non c’è più. Ma voglio parlare di lei. Ecco perché ho creato il gruppo su Facebook, per parlare di lei, condividere e magari dare possibilità di sfogo per altri che hanno vissuto un’esperienza simile alla nostra”.
Il giorno di Natale, nel piazzale della chiesa di Doganella, dopo la messa, c’è stato anche un lancio di palloncini bianchi. Un gesto simbolico, un piccolo flashmob che Annalisa ha voluto lanciare in ricordo della sua piccola che oggi non c’è più, ma aperto anche a chi voleva ricordare i propri cari. A ciascun palloncino era infatti attaccato un bigliettino con un messaggio da far volare in cielo.
Proprio di recente avete scoperto la causa della morte di Giulia. Cosa le è accaduto?
“Sì, lo abbiamo saputo circa due settimane fa, quando ci è arrivata dal Meyer di Firenze la risposta degli esami fatti sui tessuti prelevati nel corso dell’autopsia. Si tratta di una malattia genetica rara, la sindrome di Dravet. Ci hanno spiegato che deriva da una mutazione molto rara di un gene e che comporta gravi episodi convulsivi anche a febbre bassa e che può portare alla morte improvvisa per aritmie cardiache gravi, come nel caso della nostra Giulia. A sette mesi lei aveva avuto la prima crisi – ne ha avute 8 in totale – poi erano seguiti il ricovero e la terapia, ma nel suo caso non sono serviti. Ora che so cosa è stato a portarmela via, sto meglio, mi aiuta a vivere in modo diverso il rapporto con gli altri figli”.
La sindrome di Dravet (SD) – È una forma di epilessia, associata a disturbi dello sviluppo neurologico, che insorge nel primo anno di vita nei lattanti senza antecedenti patologici personali, apparentemente normali al momento dell’insorgenza delle crisi. È stata descritta per la prima volta nel 1978 da Charlotte Dravet, in Francia, con il nome di «epilessia mioclonica severa del lattante», e ampiamente studiata da numerosi autori in diversi paesi (Italia, Giappone, Spagna, Argentina, USA etc). La severità e la farmacoresistenza delle crisi nella SD sono il primo problema dei medici e delle famiglie. Questi bambini sono permanentemente a rischio di andare incontro a stati di male con le relative conseguenze a breve e lungo termine sullo sviluppo, e a rischio di morte improvvisa. Il rischio di SUDEP (morte improvvisa inspiegata) contro il quale, attualmente, non ci sono possibilità di prevenzione, aumenta notevolmente l’angoscia dei genitori che possono solamente esercitare una stretta sorveglianza dei bambini durante il sonno. Rischio di deficit cognitivo, di disturbi del comportamento e della personalità, con le relative conseguenze sulla qualità di vita dei pazienti e la loro capacità/possibilità di socializzazione. L’origine dei disturbi ortopedici, che possono compromettere gravemente la deambulazione e l’autonomia motoria dei pazienti, non è ancora chiara. [Fonte: www.sindromedidravet.org]