Toccare il cielo con un dito, Daniele Nardi alpinista setino
di Marina Bassano –
Toccare il cielo con un dito per Daniele non è un modo di dire. L’alpinista setino nel 2004 ha firmato l’impresa: scalare l’Everest, il famoso monte tibetano, in tutti i suoi 8850 metri di altezza.
“Tutto è iniziato nel ‘94-’95, quando vedendo persone che si arrampicavano ho pensato: “perché loro si e io no?”. Ho seguito un corso di arrampicata, che è diverso da quello che faccio adesso, ma mi ha dato le basi per cominciare. Ho cominciato ad andare sugli Appennini, poi sulle Alpi, molto spesso per conto mio perché non c’erano dei gruppi organizzati sul territorio che mi potessero aiutare in questo; ho visto che mi piaceva e ho continuato. Prima dell’Everest ho partecipato a diverse spedizioni perché fare un buon “curriculum” prima di avventurarsi in cose più grandi sarebbe quello che tutti dovrebbero imparare”.
Il corpo, principale mezzo sollecitato nelle salite, deve essere sottoposto ad un ritmo di allenamento serrato per reggere le estreme condizioni climatiche e di resistenza richieste:
“In media mi alleno cinque- sei volte alla settimana con corsa, palestra, arrampicata mista con neve e ghiaccio, camminate qui intorno per allenare il dislivello. Per il clima vivendo in un una zona mite il lavoro è soprattutto psicologico; proviamo delle spedizioni in condizioni assurde, per esempio con la bufera, di notte”.
L’idea di tentare l’Everest è stata maturata per lungo tempo o c’è stato un momento preciso per la decisione?
“In realtà è nata quasi per caso perché stavo preparando un’altra spedizione che per una serie di motivi è saltata; c’era un mio amico che doveva partire per l’Everest in veste di coordinatore della spedizione italiana, e gli ho chiesto se potevo aggregarmi al gruppo come alpinista. La cosa bella è che poi io sono stato il primo ad arrivare in vetta. Si comincia a camminare da 5000- 6500 metri, poi si scala su misto di ghiaccio e roccia, ho usato l’ossigeno da 8300 metri in su, ero da solo con l’unico “lusso” di farmi accompagnare da un aiutante tibetano per il trasporto dell’attrezzatura. Né durante la preparazione né mentre ero lì ho pensato di arrendermi o che non ce l’avrei fatta. La motivazione è una brutta bestia, difficile mantenerla alta per tutto il tempo, però il sogno di arrivare sulla vetta più alta del mondo è stata più forte del resto. L’ ho allenata facendo delle cose impensabili come partire dalla Bufalara e arrivare sulla Semprevisa a piedi, salite sul Gran Sasso della durata di sedici ore, fare delle pareti di 700- 800 metri in arrampicata libera, unite a sedute di training autogeno”.
Quanto conta l’ambientazione e l’acclimatazione del corpo in condizioni così diverse da quelle in cui è abituato a vivere?
“La maggior parte degli alpinisti rinuncia per questi problemi che si presentano praticamente subito. Io ho dato tempo al mio organismo di abituarsi con i suoi tempi anche se questo significava dei ritardi. Sull’Everest non ho incontrato queste difficoltà, come invece è successo nella spedizione al Makalu nel 2006: sono riuscito a scendere abbastanza in basso da essere preso dall’elicottero che arriva a 5000metri quando sono bravi i piloti. Non si capiva se era un principio di edema, oggi so che è stato un attacco d’asma”.
Il curriculum di Daniele parla da solo: oltre all’ Everest e al K2 ha scalato anche il Cho Oyu (8201 metri, sesta montagna più alta del mondo) Broad Peak (8047 metri), il Nanga Parbat (8126 metri), la Middle dello Shisha Pangma (8027 metri) e il monte Aconcagua (6962 metri, la montagna più alta del Sud America).
Nel 2011 realizza, in collaborazione con il Comitato EvK2 del CNR, la spedizione Share Everest 2011 con l’obiettivo di posizionare la stazione di monitoraggio più alta del mondo, che invia dati in tempo reale sul clima alla Comunità Scientifica Internazionale, attirando l’attenzione di tutti i media internazionali come la RAI e SKY che hanno seguito l’impresa.
Daniele nel 2011 viene premiato dal CAI (Club Alpino Italiano centrale) e dal CAAI (Club Alpino Accademico Italiano) per la scalata del Bhagirathi in India.
Per Daniele sono arrivati anche un riconoscimento di livello internazionale come l’accreditamento al “Piolet D’or”, gli Oscar internazionali della montagna, a coronamento di due progetti esplorativi, uno in Pakistan (apertura della Telegraph Road) ed uno in Italia (una nuova via sul Monte Rosa). Ha inoltre ricevuto il Premio Coni Lazio 2013 per “per aver portato il Lazio in vetta al mondo”. Un riconoscimento, questo, ricevuto dagli atleti che hanno dimostrato un alto merito sportivo.
La prossima sfida è di quelle che lasciano il segno: arrivare in vetta del Nanga Parbat, insidiosa vetta himalayana di 8126 metri, in inverno (con temperature di -50 gradi) significherebbe raggiungere un record mondiale. L’impresa è già stata tentata 28 volte nella storia e mai riuscita. Daniele ci ha già provato nel 2013 e nel 2014, e ci riproverà ancora con la spedizione Nanga Parbat Winter Expedition 2015, sottotitolata “Gli astronauti moderni”. Questo tentativo non sarà più in solitaria, ma con una squadra di altri 3 alpinisti (tra cui una donna, la francese Elisabeth Revol). La spedizione sarà seguita da un cineoperatore che realizzerà un documentario sull’esperienza.
Dal 2009 Daniele è Ambasciatore per i Diritti Umani ed è impegnato nella loro divulgazione nelle scuole italiane e porterà con sé sul Nanga Parbat L’Alta Bandiera dei Diritti Umani, firmata da centinaia di bambini italiani.
Un libro raccoglie le sue esperienze in alta quota: “In vetta al mondo” scritto con il giornalista Dario Ricci, voce sportiva di Radio24.
Attorno alla montagna ruotano attività importanti a livello comunicativo, in un’epoca che fa di questo settore un momento cruciale per la diffusione dei propri progetti. www.mountainfreedom.it è un’associazione che ha come scopo la divulgazione della cultura di montagna, di cui Daniele è a capo; www.climbyourself.com è il sito che racconta come sfruttare performance sportive come parallelismo per il raggiungimento di obiettivi aziendali; www.mountainblog.it è il blog con il diario di viaggio di Daniele, in cui racconta le impressioni live dalle varie spedizioni, oltre al sito personale e ufficiale dell’alpinista www.danielenardi.org .
L’alpinismo è uno sport estremo a tutti gli effetti, a volte lo si dimentica ma i pericoli sono tanti; senza la preparazione necessaria si corre il rischio di non tornare. Un po’ di sana incoscienza non guasta e forse costituisce anche il valore aggiunto per i suoi successi, ma preceduta sempre da conoscenza ed esperienza.